Non esistere e guardare, ma vivere e vedere

L’illuminazione

Mi interrogavo sulla frase “non esistere e guardare, ma vivere e vedere” che qualche giorno fa ho ascoltato durante un’intervista condotta da Simone Perotti e, tramite una catena di sinapsi tanto anarchica quanto piacevole ho capito perché molti ultra 40 enni sono assidui utilizzatori dei social network.

La loro vita sociale è finita e hanno bisogno di viverne una virtuale.

Diciamocelo chiaramente, quando dedichi gran parte della tua vita al lavoro, agli spostamenti per andare e tornare dal lavoro, al fare la spesa nei supermercati o incolonnati per entrare e uscire dai centri commerciali, ti rimane ben poco tempo per vivere.

Non solo, ma il tempo che passi a scuola, all’università, al lavoro, in auto o nei mezzi pubblici, al supermercato e nei centri commerciali, nelle discoteche, nei cinema, nei pub, ecc. è tutto tempo speso chiuso in una gabbia.

L’uomo nasce come un animale libero che vive all’aria aperta, a contatto con la natura; ha bisogno di respirare ossigeno e non fumo di sigaretta, aria viziata o smog.

E tu?

Puoi far finta che tutto ciò sia normale e che non ti pesi ma pesa eccome. Pesa perché l’inconscio grida dentro di te e urla il suo desiderio di vivere e non sopravvivere.

Avverti questo dissidio interiore? Se lo avverti come lo gestisci?

Metti i fiori nella tua cella o studi quotidianamente il modo di evadere da una vita insignificante e oltraggiosa?

Citando uno dei miei maestri di vita, Silvano Agosti, dal quale ho preso in prestito il titolo di questo articolo, potrei dire

Uno non deve mettere i fiorellini alla finestra della cella della quale è prigioniero, perché se no anche se un giorno la porta sarà aperta lui non vorrà uscire.

Non so te ma io non voglio ridurmi così. Voglio viaggiare. Voglio conoscere luoghi, persone, culture.

Credo che comprerò un camper usato.


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